
Articolo del 16 Febbraio 2016
Qual è il sapore della vittoria? Cosa significa vincere? E chi non vince, perde? Alla fine i conti devono tornare. In matematica i positivi ed i negativi si sommano e valgono zero.
A volte la vita ci propone momenti difficili in cui la somma algebrica di + e – non è in equilibrio… parlo di momenti ineluttabili e definitivi, quelli che segnano le esistenze e cambiano il corso delle vite. Momenti in cui la vittoria e la sconfitta sono in bilico, dove non c’è pareggio.
La “società nuova”, quella dei sorrisi e dei tablet, dei tatuaggi e dei pantaloni “cavallobasso”, dei bambini iper protetti e dei politici corrotti, dei calciatori piagnoni e delle prove televisive mai decisive, invece, è molto meno severa e tristemente meno MATEMATICA! Detesto quelli che non sanno perdere, ma ancora di più quelli che non sanno vincere!
È semplice imparare a perdere. Oggi tutto è organizzato per attutire la caduta. Non si soffre, non si perde. Non si lotta per evitare la sconfitta sul campo. Non si lotta e non si soffre. Si abbandona il gioco, ci si lamenta e ci si appella alla malafede dell’arbitro o alla luce negli occhi, all’erba alta e al terreno fangoso, al governo e alla polizia municipale.
Abituiamo i nostri bambini a non essere mai colpevoli, che è giusto solo in parte, il senso di colpa è altra cosa dal non essere responsabili delle proprie azioni, buone o cattive che siano.
Lo sport essendo la copia fedele della vita ha subìto negli anni una evoluzione grande e spesso non condivisibile.
La mia idea di sport non può essere dissociata da quella di agonismo. Si fa sport per vincere. Sempre. E quando si perde deve bruciare davvero. Perché perdiamo prima di tutto contro noi stessi, contro i nostri limiti. E le sconfitte vere sono il motore necessario per raggiungere le vittorie del futuro.
Allora insegniamo ai bambini che si scende in campo per vincere, insegniamolo ai noi stessi. E quando perderemo, perché capiterà, soffriamo davvero, intensamente, ma lasciamo che questa sofferenza duri un attimo, quell’attimo necessario a raccogliere le forze e ripartire, più forti di prima.
Perché i più grandi hanno fallito tante più volte di chi ci sta provando, ma soprattutto hanno fallito con l’inguaribile voglia di vincere. Perché se non si gioca per vincere, di certo non si vincerà mai.
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