
Articolo del 21 Luglio 2020
Come tutelare e incrementare il proprio livello di benessere lavorando in condizione di smart working? Allenamento, riabilitazione, benessere: forse molti di voi sanno di cosa mi occupo, non tutti forse intuiscono come lo sport può avere a che fare con la nostra vita lavorativa. Ho parlato in passato qui di come la sicurezza sui luoghi di lavoro passi anche dal nostro benessere, oggi però quando si parla di luogo di lavoro c’è un nuovo orizzonte: lo smart working.
Dall’ufficio allo smart working forzato.
Lo smart working in Italia è oggettivamente poco utilizzato e di conseguenza poco conosciuto, ma nel periodo del lockdown ha aiutato larga parte della popolazione a rimanere attaccata ad un lavoro, ad una parvenza di “diversa normalità” e ha reso possibile a tante ditte ed amministrazioni pubbliche di essere attive e presenti sul territorio nonostante i limiti alla circolazione. La scuola ha mantenuto i contatti con gli studenti ed i professori hanno imparato ad insegnare in video call! Diciamo che questa escalation di ottimismo forse è esagerata, ma il dato di fatto è che per molti mesi la nostra vita professionale non è stata quella di prima e forse non lo sarà mai più.
È interessante capire, visto che almeno in quarantena tanti si sono trovati a gestire il proprio lavoro in regime “casalingo”, quali sono i rischi che si corrono e come poter vivere in modo positivo questo sistema lavorativo che tra le pieghe nasconde grandi potenzialità di produttività e benessere, ma che va condotto con grande consapevolezza. Nella mia analisi prenderò in esame alcune tematiche care ai miei studi e al mio lavoro, tralasciando volutamente gli aspetti sociali e di diritto del lavoro, che pur questo argomento mette certamente in campo.
Cosa comporta uno smart working “selvaggio” dal punto di vista del benessere?
A quali rischi andiamo incontro vivendo il lavoro “da casa” in modo poco consapevole e poco organizzato?
Intanto credo indispensabile definire Smart Working. Secondo il sito del governo è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall'assenza di vincoli orari o spaziali e un'organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività.
Sappiamo che i termini con cui questa definizione viene scaricata a terra non sono esattamente quelli della massima flessibilità, ma certamente l’assenza di vincolo spaziale c’è. Quando siamo in smart working non siamo in ufficio. In larga parte, soprattutto in Italia il lavoro viene svolto in casa, in spazi ricavati, ma non sempre “dedicati”, all’interno della propria abitazione.
Lo smart working “selvaggio” (dove per selvaggio avrete capito intendo primo di regole autoimposte) ha una serie di rischi di diverso ordine e gravità, ambientali, fisici e psicologici.
Per rischi ambientali intendo situazioni potenzialmente pericolose legate agli spazi in cui si opera, alle strumentazioni e apparati che si utilizzano per svolgere la propria attività. I rischi per il nostro corpo in una situazione di continuo stress lavorativo gestito in ambiente domestico spesso si traducono in aumento di peso ponderale, peggioramento sensibile di tutte le capacità condizionali con oggettivo rischio di esporsi all’insorgere di malattie croniche o acute spesso decisamente invalidanti. Ultimo ma non per problematicità, il rischio psicologico legato alla gestione del tempo, degli incarichi e alla difficoltà di mantenere il lavoro entro i limiti delle ore effettivamente assegnate alla professione, invadendo spazi sacri da dedicare a se stessi e a tutte le attività che rendono la vita sana e meritevole di essere vissuta.
Come affrontare quindi i rischi dello smart working”?
I rischi sono di diverso ordine e gravità, ma tutti legati indissolubilmente dalla situazione stessa che definisce questa tipologia di lavoro e cioè che tutto avviene in un ambiente che non è certamente pensato per lavorare. Un ambiente che per questo non è quasi mai un ambiente accogliente, pratico, confortevole e soprattutto sicuro dal punto di vista lavorativo. Riepilogando in una frase il tutto avviene in UN AMBIENTE NON A NORMA!
Da anni l’attenzione legislativa ha migliorato enormemente l’ambiente lavorativo. Uffici, fabbriche e cantieri sono decisamente più confortevoli e sicuri. Certamente la stessa cura e attenzione professionale per ora non è stata posta agli spazi di lavoro “at home”, proprio perché per paradosso è il lavoratore ad esserne responsabile e non il datore di lavoro. Le indicazioni sono altrettanto precise, ma la cultura architettonica e organizzativa, i controlli e la tolleranza fanno sì che spesso a casa ci si trovi seduti 8 o più ore in posti non del tutto ospitali.
Parlando di rischi del lavoro smart mi piace dividerli tra rischi:
- incontrollabili - natura (eventi naturali come incendio, terremoto, alluvione ecc ecc)
- parzialmente controllabili - ambiente domestico (impiantistica generale sia del proprio appartamento che dei locali e sistemi comuni se in condominio, mobili e attrezzi analogici o digitali non a norma e potenzialmente pericolosi)
- controllabili - che riguardano direttamente il rapporto che intercorre tra l’uomo, l’ambiente e gli strumenti di lavoro, in una parola “RISCHIO ERGONOMICO”.
Ovviamente, per formazione ed esperienza il rischio ergonomico è l’argomento che mi interessa maggiormente e di cui ho un’opinione definita.
Di cosa parliamo quando parliamo di Ergonomia.
Ergonomia: Disciplina scientifica che, utilizzando le conoscenze e i dati forniti da vari campi del sapere, studia il sistema uomo-macchina-ambiente con l’obiettivo di trovare soluzioni ottimali, adatte alle capacità e ai limiti psicofisiologici dell’uomo.
Cosa intendo, quindi, per rischio ergonomico? Si intende il volume di rischio al quale uno smart-worker è sottoposto a causa del disequilibrio del sistema uomo/ambiente/macchina.
Rispettando le consegne professionali e concentrandoci quindi sui danni da ergonomia fallita, diciamo che prolungare il regime di smart working in modo “selvaggio” potrebbe produrre nel tempo danni evidenti al benessere del lavoratore. L’ergonomia grazie allo studio approfondito e meticoloso della situazione uomo/ambiente/macchina dà indicazioni precise su come l’ambiente e le macchine devono essere plasmate ai movimenti del corpo umano definendo, per arrivare a ciò, le dimensioni e le caratteristiche di motilità di ogni segmento corporeo come pure il funzionamento di udito e vista e cercando di armonizzare il tutto segnando ambienti lavorativi che, come abiti di sartoria, una volta indossati dal lavoratore siano fatti su misura. L’ambiente e le macchine quindi in estrema sintesi si modellano sull’uomo.
Diciamo che l’obiettivo primario di chi pensa ad un luogo di lavoro casalingo deve focalizzarsi su alcuni semplici idee. L’ufficio di casa deve racchiudere i pregi assieme dell’abitazione e dell’ufficio. Comodo accogliente e rilassante come la propria casa, sicuro, attrezzato e regolare come l’ufficio!
Facile? Assolutamente no, tanto che questo tema ha risvolti economici e organizzativi di cui tenere conto. Rimango concentrato sugli aspetti legati al benessere, pur credendo corretto e indispensabile affrontare gli altri aspetti nelle sedi opportune.
Non entro nel dettaglio di posizioni da tenere o luminosità consigliata, ma viene da sé che le indicazioni pratiche che ci regala l’esperienza decennale dell’ergonomia adattata siano la base sulla quale lavorare per ottenere risultati buoni anche in situazioni casalinghe apparentemente non ottimali. Vorrei invece soffermarmi su un aspetto che mi riguarda più da vicino. A proposito di rischio ergonomico (rapporto uomo ambiente macchina), fino ad ora, siamo stati attentissimi a produrre macchine, attrezzature e oggetti sempre più adatti ed adattabili all’utilizzo umano. Perfette in qualche modo, nel senso che perfettamente plasmabili sul corpo e sulle esigenze di ognuno. Abbiamo migliorato gli ambienti fino a renderli davvero innocui ma anche stimolanti e interessanti nella loro duttilità! La mia constatazione è che in questo rapporto macchina/ambiente/uomo che nonostante le capacità espresse da architetti e ingegneri continua a creare possibili danni alla salute dei lavoratori (leggi articolo…), solo l’uomo rimane fermo nella sua probabile inadeguatezza.
Io credo invece utile e indispensabile concepire l’uomo come un protagonista dell’interazione con macchine ed ambiente e quindi pensare ad un essere umano che si adatti a sua volta all’ambiente e alle macchine al fine di creare un equilibrio circolare ed efficace dell’ergonomia. È giusto pensare che ci sia un utilizzo migliore di altri delle tecnologie e degli ambienti che possa favorire il benessere dei lavoratori e non solo l'assenza da infortuni o incidenti. È pure indispensabile che le persone, a loro volta, migliorino il più possibile la qualità del loro stato di fitness in modo da riuscire, in parte, ad adattarsi all’ambiente e alle macchine laddove ce ne fosse bisogno. L’equilibrio che ne scaturisce, contribuisce in modo sostanziale a migliorare la qualità della vita delle persone visto che il lavoro è parte preponderante sia come tempo che come qualità della nostra esistenza.
Come possiamo creare un corpo che non subisca passivamente l’ambiente e le macchine?
Ogni corpo sano e allenato è in grado di adattarsi alla maggior parte delle situazioni di stress fisico e psicologico che incontriamo nella vita e quindi anche ad affrontare al meglio il lavoro! Tendere al benessere fisico e mentale è la soluzione per avere un corpo duttile, malleabile flessibile e resistente. Caratteristiche essenziali per far si che il lavoro (e quindi l’ambiente e le macchine) non abbia la meglio su di noi!
Gli elementi fondamentali del benessere sono ATTIVITÀ SPORTIVA E ALIMENTAZIONE. Interessante scoprire come possiamo muoverci per costruirci un ambiente che oltre ad essere sicuro possa essere stimolante dal punto di vista fisico. A prescindere che la location sia casalinga o professionale vorrei ragionare in modo propositivo sul tipo di posizione che manteniamo abitualmente alla scrivania. Staticamente perfetta! Errore! Tutto ciò che è statico impigrisce muscoli e cervello! Molte algie che ci assalgono dopo ore di soggiorno immobile ad una scrivania, pur seduti su una poltroncina ergonomicamente perfetta ed un rapporto seduta/altezza tavolo regolare, sono semplicemente dovute all’inattività, al mancato esercizio che indebolisce i distretti muscolari, li debilita fino a rendere poco fluido e precario ogni piccolo movimento successivo, rendendo il nostro corpo vulnerabile ad infiammazioni, retrazioni o, nel caso in cui la situazione sia protratta per molto tempo e non ci sia nessun altro tipo di allenamento compensatorio, a patologie più gravi e debilitanti.
Utilissimo, al fine di non cadere nella rete del degrado fisico progressivo, adottare una seduta attiva! Attiva nel senso che non permette al corpo di spegnersi ma costringe i muscoli a rimanere attivi proteggendo il lavoratore dal rischio prima descritto. Per fare ciò è ideale mandare in pensione la poltroncina classica da ufficio e sedersi su una fitball. La nostra schiena fino al collo e le gambe dai glutei al tibiale, passando per gli addominali, saranno sempre accesi, vigili e quindi seppur minimamente allenati! Utilissimo organizzare brevi o brevissime sessioni di stretching a spezzare l’immobilità e a ripristinare la tonicità muscolare e l’ampiezza articolare.
Gli esercizi possono essere svolti sia in piedi, coinvolgendo anche le gambe, che da seduti limitandosi a lavorare bene su braccia, schiena e collo. Importante, soprattutto per i lavoratori smart, trovare almeno uno spazio ogni mezza giornata per muoversi: alzarsi dalla scrivania e uscire anche per pochi minuti, a fare una passeggiata. Riattivarci completamente diventa un esercizio di "igiene sportiva" essenziale per ricordarci che siamo nati per correre e che avvicinarci ad uno stile di vita attivo o addirittura sportivo ci allontana da tante patologie muscolari, metaboliche o psicologiche che a lungo andare potrebbero rovinare o certamente limitare la qualità della nostra esistenza!
Il secondo elemento di qualità al quale dobbiamo stare attenti quando costruiamo una giornata da lavoratore "at home", ma pure genericamente da lavoro in ufficio è il tipo di alimentazione che scegliamo per sostenermi durante la giornata. Non saltare mai i pasti e gli spuntini. Il lavoro sembra rincorrerci, ma noi dobbiamo sapere prenderci gli spazi necessari per fare una buona colazione, uno spuntino sano e leggero (sia a metà mattina che al pomeriggio) e organizzare i due pasti principali ad orari definiti e non penalizzati da riunioni e meeting, leggeri nutrienti ed appaganti. Importante durante la giornata che ci sia un’assunzione regolare di acqua, indicativamente 1,5 lt, in modo da mantenere l’idratazione a livelli ideali. Certamente seguendo un'idea corretta di sistema alimentare si eviterà il rischio oggettivo dell’aumento ponderale. Il rischio è più grande in regime di smart working, ma ragionando per massimi sistemi credo eccezionalmente importante per il benessere di tutti noi, ragionare di un sistema di vita che ci avvicini al benessere e che riesca perfettamente ad integrare il lavoro, meglio se at home, una corretta alimentazione e la giusta dose di attività sportiva.
La possibilità di cambiare orizzonte lavorativo è una grande opportunità di transizione! Facciamo in modo che le nostre abitudini non solo cambino relativamente ad orari e modi di compiere la nostra professione, ma soprattutto migliorino nella qualità specifica aumentando l’attenzione all’alimentazione e all’attività motoria. Tutto questo ci porterà in un equilibrio perfetto in cui il rischio ergonomico sarà decisamente sotto controllo e la nostra vita lavorativa decisamente più produttiva e brillante.
Continuiamo a migliorare gli ambienti di lavoro e a migliorare le macchine, ma d’ora in avanti preoccupiamoci contestualmente anche di NOI, della nostra qualità fisica e psicologica. Credo fermamente che sia la strada per vivere bene e a lungo anche in riferimento all’ambito lavorativo. Ma soprattutto facciamo in modo che tra i vantaggi dello smart working ci sia quello di avere più tempo per noi e per una migliore qualità della vita, imponendoci le piccole semplici regole che meritiamo.
Lascia un commento